Da sempre sono convinta che alcuni viaggi a tema debbano essere un pretesto per scoprire quanto di bello il mondo ha da offrire. Un esempio? I tour sui passi del commissario Montalbano.
Amo la Sicilia, Camilleri, i gialli e il commissario Montalbano. Potete dunque immaginare con quale gioia abbia affrontato un tour alla scoperta del Ragusano, là dove da anni si girano gli sceneggiati interpretati da Luca Zingaretti. Sono partita felice e sono rientrata ancora più contenta perché la realtà ha superato ogni mia previsione. Dovrei scrivere un articolo per ogni singolo luogo, perché ogni tappa è stata fonte di meraviglia. Mi limiterò dunque all’essenziale, più per solleticare la vostra curiosità che per proporre un itinerario vero e proprio. Anche perché mai come durante questo viaggio ho avuto la sensazione che talvolta la pianificazione dovrebbe lasciare campo libero all’istinto e al gusto della scoperta. Perciò tornerò sicuramente a fare visita al commissario Montalbano.
E’ difficile dire quale sia il luogo che più di ogni altro mi abbia colpito. Di certo il primo sguardo gettato su Modica è stato l’inizio di un percorso emozionale, prima ancora che culturale. Perché vedere quel nugolo di case aggrappate alla roccia, esattamente come lo si vede all’inizio di ogni puntata, è stato l’avvicinamento a un mondo talmente bello e suggestivo da apparire quasi irreale. E, invece, addentrandosi nei vicoli e salendo irte scalinate si tocca un mondo umanissimo e sincero, dove l’orgoglio di ospitare il più celebre dei commissari trapela appena. Modica è bella perché è viva, anche là dove le erbacce crescono copiose. La vita vera di chi ci abita e ci lavora si declina molto bene con quella di chi si trova solo di passaggio. Certo si trovano ristoranti e negozi, che hanno però il pregio della discrezione. Ci sono e sono molti, anche per via della tradizionale produzione del cioccolato. Ma non disturbano con insegne troppo chiassose o con inutili diavolerie moderne. Nonostante le grandiose chiese barocche, l’uomo è misura delle cose, senza troppa ostentazione.
E che dire, invece, della terrazza metafisica del castello di Donnafugata? E’ quella dove Montalbano incontra il boss Balduccio Sinagra. Ed esattamente come nella finzione scenica, è un luogo di rara suggestione. Giocata sui pieni e sui vuoti, sulle zone di luce e di ombra, è un affaccio sulla campagna ragusana, ma ancora di più offre uno sguardo sulla Sicilia di un tempo. Perché la mole imponente del castello è al contempo severa ed elegante, chiusa sulla corte centrale ma sempre concentrata sul mondo circostante. Un po’ come nobiltà che un tempo abitava la dimora, che con un occhio guardava il lussureggiante giardino privato e con l’altro non perdeva mai di vista le proprietà agricole. Il palazzo, dall’architettura raffinata, è aperto al pubblico, in quanto di proprietà comunale. Anche gli interni dal mobilio fané meritano di essere ammirati perché offrono un piccolo viaggio nel tempo, che tanto mi ha ricordato le suggestioni del Gattopardo.
Gran parte delle riprese sono effettuate a Scicli, tanto che il locale Municipio nella fiction interpreta la parte del Commissariato. Purtroppo ho avuto poco tempo da dedicarle, ma mi auguro di tornare presto, perché la prima impressione è stata notevole. Le ricche chiese barocche e il caratteristico colore chiaro degli edifici si stagliavano sul cielo terso, conferendo alla cittadina un senso di sospensione e di attesa. Non saprei dire di che cosa, perché sarei potuta rimanere così molto a lungo; è vero che spesso l’aspettare è più piacevole di quanto poi effettivamente arriva, anche se in questo caso direi proprio di no. Perché?
Perché la tappa successiva è stata la celebre verandina di Marinella, che in realtà si trova in quel di Punta Secca, frazione di Santa Croce Camerina. Eravamo in ritardo e abbiamo dovuto correre come dei matti per arrivare in tempo per vedere il tramonto. Ma ne è valsa la pena, tant’è che, anche una volta scesa la notte, nessuno voleva andare via. L’affaccio sul mare, la bella spiaggia, il faro saldo ma non smisurato: è un luogo suggestivo e davvero ci si aspetta di veder comparire da un momento all’altro Mimì Augello o l’ispettore Fazio. Il villino ospita ora un bed and breakfast, dove amerei soggiornare almeno per una notte. La foto che vedete qui sopra è mia e, in effetti, manca solo il commissario, visto che la tavola apparecchiata e l’atmosfera romantica non mancano… purtroppo Montalbano non s’è affacciato, ma custodisco gelosamente il contatto delle signore che si occupano degli affitti.
Le location del commissario Montalbano sono tanti, anche perché oramai la produzione televisiva ha affrontato quasi tutti i romanzi della serie. Comiso, Donnalucata, Marzemimi, la grandiosa Noto, l’imperdibile Siracusa. Ci sono però almeno altri due luoghi che ho trovato imperdibili.
Il primo è Ragusa Ibla, che per me è stata un’autentica sorpresa. Non me l’aspettavo così bella, semplicemente. Vi si arriva dopo essersi fatti largo fra un gomitolo di svincoli stradali, centri commerciali, auto in doppia fila e palazzi in puro stile anni ’60. Superata la jungla di cemento si arriva a un profondo avvallamento e sull’altro versante si dischiude la meraviglia: l’antica città è una sorta di grandioso presepe aggrappato sulla roccia, possente e gentile al tempo stesso. Ancora una volta dominano il tufo bianco e la ricercatezza barocca, ma per una ragione che non so spiegare ci ho trovato qualcosa di più intimo rispetto a Scicli e a Modica. Ci ho sentito quasi il profumo di casa, di un’accoglienza che procedeva mano a mano che avanzavamo per le vie e le stradine, sino a giungere alla monumentale piazza del Duomo. Ragusa Ibla si svela a poco a poco, ci vuole un poco di pazienza (e gambe allenate alle salite), ma è un gioiello inestimabile.
L’altro luogo non ha nome né identificazione geografica. E’ semplicemente la campagna ragusana, dai colori schietti. L’entroterra è ordinato, delimitato da ingegnosi muri a secco che risalgono alla notte dei tempi. Attraversare quelle terre, addentrandosi in viottoli stretti ma rassicuranti, conduce a scenari rustici che difficilmente si trovano altrove. C’è poesia negli ulivi contorti e nei fili d’erba che crescono indisturbati perché qui si vede ancora l’agricoltura fatta dall’uomo per l’uomo. Si vedono i colori, si odono i rumori e si gustano sapori. Semplicemente. Senza etichette, pubblicità o additivi. Sebbene fosse la mia prima volta nel Ragusano, mi sono sentita a casa, ho provato l’emozione di chi ritorna. Perché, forse, tornare alla terra è ritrovare anche sé stessi.