Ci sono luoghi che uno non s’immagina nemmeno possano esistere e, una volta scoperti, non si può fare a meno di innamorarsene perdutamente.
A me è successo qualche mese fa, quando un amico mi ha detto di aver visitato una piccola chiesa sul lago di Lugano e di esserne rimasto meravigliato. Il suo racconto si è concluso con un sarcastico: “Finalmente ho trovato un posto che non conosci!”. E, in effetti, la chiesa di San Martino a Castello Valsolda (CO) ancora mi mancava… Ovviamente ho voluto colmare la lacuna e mi sono arrampicata fino al borgo, dal quale si gode un panorama mozzafiato sul Ceresio e sui monti circostanti.
Dal parcheggio una breve salita porta sino al sagrato della chiesa, che da fuori è piuttosto anonima. Basta però varcarne la soglia e alzare lo sguardo verso la volta per sgranare gli occhi e rimanere a bocca aperta. Il turbinio di figure e colori, che l’impianto di illuminazione fa risaltare perfettamente, introduce il visitatore in una storia curiosa, fatta di rimandi e allusioni, che provo a spiegarvi brevemente.
Il genio a cui si devono gli affreschi della volta si chiama Paolo Pagani ed era originario proprio di Castello Valsolda. Come molti suoi conterranei, anche lui presto emigrò per cercare fortuna come artista. Per molti anni visse a Venezia, trasferendosi poi a Vienna e, successivamente, in Moravia e in Polonia. Fatto rientro in patria, sufficientemente agiato e apprezzato, venne colto da un pallino, cioè quello di far adottare suo figlio dal suo mecenate. Curiosamente anch’egli si chiamava Pagani. In realtà, fra il nostro artista e il marchese Cesare Pagani non c’era alcun rapporto di parentela, ma è facile immaginare che a Paolo piacesse la possibilità di entrare a far parte, seppure marginalmente, della cerchia della nobiltà.
Ed ecco l’idea: dapprima fabbricò e nascose, onde poi trovarli, falsi documenti attestanti la parentela col marchese. Non pago di ciò, a sue spese fece voltare e dipinse la cappella della Confraternita del Rosario, nota oggi con il nome di chiesa di San Martino. Il perché è presto detto: i presunti avi del pittore, Meles e Lamech, re africani e dunque pagani, sono rappresentati fra altre scene in cui l’idea centrale è quella della conversione.
Come a dire che i nobili pagani divennero cristiani, ma mantennero indizio della loro origine nel cognome, ovviamente con la P maiuscola. Da re pagani a Pagani cristiani, ma comunque nobili. E dunque anche il loro “pronipote” Paolo poteva considerarsi nobile e quindi parente del marchese.
Storia complicata, senza dubbio, che ci ha lasciato però un capolavoro di conturbante bellezza. Non è un caso che la chiesa sia soprannominata la cappella Sistina di Lombardia. Paragone sicuramente azzardato, ma vi garantisco che una visita a Castello Valsolda non lascia mai delusi.
Per saperne di più: https://www.sanmartinovalsolda.it/