Per chi è nato o cresciuto a Varese e provincia, i laghi sono una presenza familiare e una sorta di ‘certezza’. In inverno, ma soprattutto in estate. Non tutti si ritengono nuotatori abbastanza esperti per bagnarsi nelle acque del mio amato lago Maggiore, ma c’è sempre il lago di Monate…
Voi conoscete il lago di Monate, specchio d’acqua incastonato nel verde? Nelle belle giornate estive, riflette tutta la luminosità del cielo e le stesse nuvole, che sembrano corrervi sopra, vi si rispecchiano. Venendo da Osmate, il lago spunta tra gli alberi, come una bellissima sorpresa. Quattro paesi si affacciano sulle sue sponde, quasi fossero bambini che giocano ai quattro cantoni. Il lago Maggiore non è lontano: i due laghi, da alcune posizioni, sembrano quasi uno solo. Una cosa sola manca: un immissario! Le acque di Monate sgorgano limpide e fresche dalla terra. Un vero e proprio paradiso? Sì, ma leggenda vuole che questo luogo nasconda un segreto.
Molto tempo fa, viveva a Osmate, insieme a sua madre, una bellissima ragazza. La grazia di Bianca (questo era il suo nome) aveva suscitato l’interesse di uno dei signorotti del luogo che, innamoratosi di lei, l’aveva chiesta in moglie. La fanciulla, sorprendendo l’intero paese, aveva rifiutato! La sua scelta aveva suscitato commenti e qualche maldicenza. Bianca, tuttavia, era innamorata di un altro uomo partito in cerca di fortuna e non aveva potuto scegliere altrimenti. Le madri delle altre ragazze del paese invidiavano quell’occasione non concessa alle loro figlie e fissavano, sospirando, il castello che, all’epoca, sorgeva nella conca dove oggi si trova il lago… Come si poteva rinunciare a un uomo abbiente e buono per un soldato ricco solo di promesse? Tanto più che l’uomo continuava a manifestare un sincero e genuino amore per la ragazza! Non perdeva mai occasione di aiutarla, di essere gentile…
Purtroppo, ben presto, la frustrazione per il rifiuto gentile ma deciso di Bianca trasformò il giovane. Da buono ed equo, divenne prepotente, cattivo e desideroso di vendetta. Ahimè… Un mattino d’autunno, sulla piazza di Osmate, squillò la tromba dell’araldo: la gente accorse ad ascoltare. Un bando del feudatario proibiva a chicchessia, pena la tortura e la morte, di dare aiuto e soprattutto acqua a Bianca e alla sua famiglia! Un fulmine a ciel sereno per l’intero paese. Come non indignarsi e non provare compassione per la sventurata? A questo mondo, però, la compassione per il prossimo è una gran bella cosa, a parole ma… dura poco! Soprattutto se, messa in pratica, può procurare dei guai! Per questo, tutta la brava gente di Osmate, dopo aver con molta indignazione e altrettanta prudenza espresso sottovoce la propria condanna dell’atto inumano, si mise subito il cuore in pace.
La povera Bianca si ritrovò subito sola a far fronte ai bisogni della sua famiglia. In una tempestosa notte d’inverno la situazione divenne disperata. La madre della fanciulla era moribonda e non smetteva di chiedere alla figlia dell’acqua. Da due giorni, però, Bianca non si allontanava dal suo capezzale e le riserve erano finite! Arrivare alla fonte più vicina, di notte, era praticamente impossibile. E neppure abbandonare la madre era pensabile. Che fare?
Rannicchiata in un angolo della stanza, Bianca pianse tutte le sue lacrime fino a quando non decise di andare a cercare aiuto. I lamenti della madre non le erano più tollerabili. La notte, fonda e tempestosa, non le permetteva nemmeno di vedere a un passo di distanza. Bianca decise di non andare in paese ma corse verso il castello. Era venuto il momento di chiedere aiuto e pietà. Sperando di ottenerne. Per accostarsi al portone, ci volle tutto il coraggio della ragazza. Chiedere udienza al proprio torturatore era un’ipotesi terribile ma necessaria. Bianca si immaginava già trascinata in catene nel castello…
La scena fu anche più crudele: il feudatario, riconosciuta la ragazza, cominciò a deriderla e a disprezzarla. Mentre il vento montava sempre più forte, la ragazza cominciò a urlare: “Maledizione a te, maledizione a tutti quelli che ti stanno vicini! Per quel sorso d’acqua che hai negato a una moribonda, morirai dannato! Per quella sete che stanotte tormenta mia madre, sarai tormentato in eterno da una sete inestinguibile!”. Bianca tornò sui suoi passi, addolorata e senz’acqua.
L’uragano imperversò tutta la notte, sempre più spaventoso e violento. Nessuno degli abitanti del castello riuscì a udire gli strani ribollimenti del sottosuolo. Quando il pozzo del cortile cominciò a rigurgitare, la situazione era già disperata. L’acqua si riversava a fiotti, anzi a onde, nei sotterranei, distruggendo tutto ciò che incontrava. Ben presto, la conca dove sorgeva il castello fu inondata. Grandissimo fu lo stupore degli abitanti, la mattina successiva, nel trovare un placido lago al posto della signorile residenza! Fu così che nacque il lago di Monate.
E il castellano maledetto? La leggenda vuole che ancora oggi se ne stia incastrato nel fondo del lago, costretto a bere senza mai fermarsi. Quando il vento increspa la superficie dell’acqua, si formano dei gorghi; chi ricorda ancora la storia di Bianca e del suo persecutore, sa che si tratta del diavolo che si diverte a tormentare il castellano che cerca di fuggire. E perché il lago di Monate non gela nemmeno negli inverni più rigidi? Facile, il condannato ha i piedi conficcati nell’inferno! L’acqua non può certo gelare…
Adesso che conoscete tutta la storia, farete comunque il bagno nel lago?