Siete appassionati di musica e di storia? Cercate una lettura gradevole, ben documentata e capace di raccontare una Roma oramai scomparsa? Allora Il giovane Mozart in Vaticano potrebbe proprio fare al caso vostro…
Durante la settimana santa del 1770, il quattordicenne Mozart, in viaggio nel Bel Paese con il padre Leopold, fu in grado di trascrivere a memoria il Miserere di Gregorio Allegri. Dopo un solo ascolto (o poco di più). Di solito le monografie mozartiane riportano questo fatto per attestare la prodigiosa memoria del compositore, nonché (ovviamente) il suo orecchio assoluto. E, infatti, in poche righe concludono raccontando che il papa, meravigliato di fronte a tanto talento, insignì il fanciullo del cavalierato dello Speron d’oro. Il pretesto su cui si sviluppa Il giovane Mozart in Vaticano è dunque un episodio che i ben informati sulla vita del genio salisburghese conoscono benissimo. Ma, appunto, è giusto un pretesto.
Infatti, l’autore, il documentatissimo Giacomo Cardinali, parte dalla prodezza di Mozart (o meglio, vi arriva sul finale) per lumeggiare la Roma della seconda metà del Settecento. Una Roma che si stenta a immaginare, attaccatissima a riti e costumi antichi e antiquati, dove i rapporti di potere sono fatti di pesi e contrappesi, dove tutto è regolato minuziosamente. Al punto che, a seconda delle condizioni meteorologiche, si pubblicano editti e avvisi per far pregare per far piovere o per far spuntare il sole. Al punto che, per il periodo quaresimale, si ordina agli osti di chiudere nelle ore destinate alla catechesi. E di non servire cibi che non siano di magro (uova incluse).
Di più: Cardinali ci fa entrare nel mondo del Collegio dei Cantori Pontifici, così importanti per la Chiesa da avere lo status di familiares del papa. Mondo fatto, ovviamente, di abilità canora e di lungo studio, ma anche di raccomandazioni e di gerarchie complicate. E, siccome diventare cantore pontificio equivale ad ottenere il “posto fisso”, anche il sistema di pagamento (mance ed extra compresi) è raccontato con compiaciuta curiosità. Fino al dettaglio della legna degli spalti della cappella Sistina incamerata di diritto dai cantori dopo l’elezione del nuovo papa. A noi fa sorridere, ma per quell’epoca significa riscaldamento gratuito assicurato…
Ma qual è il nesso fra Roma, i Cantori Pontifici e Mozart? Di proposito il giovane Wolfgang arrivò a Roma durante la settimana santa, giusto in tempo per assistere ai complicati e scenografici uffici liturgici organizzati dal giovedì santo in poi. Uffici che culminavano con il Miserere dell’Allegri, la cui partitura veniva gelosamente custodita dai cantori, cui era fatto tassativo divieto di divulgarla a chicchessia. Ma l’adolescente Mozart non ebbe bisogno di visionare le trascrizioni, perché registrò tutto nella sua memoria. Peraltro senza infrangere alcun divieto pontificio, visto che del Collegio non faceva parte e nulla aveva trafugato. Donde la benevolenza di Clemente XIV e il trionfo del ragazzino prodigio.
Quel che più affascina, scorrendo le pagine, è che ne Il giovane Mozart in Vaticano la trama si fa cornice e la cornice si fa storia. Lasciando nel lettore il desiderio di un nuovo pretesto che possa far proseguire questo gioco delle parti.
Giacomo Cardinali, Il giovane Mozart in Vaticano. L’affaire del Miserere di Allegri, Sellerio, Palermo, 2024