Volete essere dei buoni flâneurs parigini e ‘perdervi’ in una città che ha davvero mille facce? Se sì, allora allontanatevi dai monumenti più celebri e venite con me! L’IMA e la Grande Moschea vi attendono…
Stanchi della folla e dei turisti? Scommetto che vorreste vedere una Parigi più ‘vera’ e meno convenzionale, per così dire. Avete diverse possibilità: fare quattro passi alla Butte-aux-Cailles, andare a Porte d’Italie a cercare la street art che ha conquistato il quartiere, potreste anche decidere di esplorare Belleville e il canale di Saint Martin…
Io ho deciso di andare in due luoghi che amo molto (e naturalmente di portarvi con me): andiamo all’Istituto del Mondo Arabo e poi a fare merenda alla Grande Moschea. Perché questa scelta? Perché amo la straordinaria varietà culturale di Parigi. Non sono ancora riuscita ad andare al ristorante tibetano e a vedere una chiesa ortodossa che desidero visitare da lungo tempo, ma posso accompagnarvi a visitare un pantheon buddista e almeno un paio di giardini zen… Quindi perché non cominciare dall’IMA? L’Institut du Monde Arabe è una delle più serie istituzioni parigine. Dove si può ‘incontrare’ la cultura tradizionale araba in tutte le sue declinazioni artistiche e culturali.
L’Institut du Monde Arabe
Solo un luogo di cultura, allora? In realtà, l’istituto è anche un capolavoro architettonico: un líscio, curvo edificio di vetro lungo la Senna, sulla Rive Gauche, che guarda verso l’ile Saint-Louis. Disegnato da uno dei migliori architetti di Francia, Jean
Nouvel, e aperto nel 1987, è un vero e proprio centro polivalente. Biblioteche, spazi espositivi, un ristorante, bar, una strepitosa libreria. Non manca veramente niente. L’edificio è un’affascinante commistione di architettura musulmana ed europea.
A volerne la costruzione fu François Mitterand, nel tentativo di migliorare le relazioni diplomatiche tra la Francia e i paesi arabi. La costruzione vuole essere la sintesi di due mondi. La facciata settentrionale, che simboleggia il rapporto con la città antica, è rivolta verso la Parigi storica con cui si amalgama perfettamente. La facciata meridionale riprende i temi storici della geometria araba con l’ideazione di 240 moucharabieh che la compongono e che si aprono e si chiudono ogni ora. I materiali sono lucenti e moderni eppure ricalcano architetture antiche e tradizionali. Io, ogni volta, mi incanto ad osservare le ventisettemila aperture di alluminio che si dilatano o si contraggono secondo la luminosità del sole… Purtroppo le delicate cellule fotoelettriche collegate a un computer non sempre sono funzionanti. Quando lo sono, però, il gioco di luce prodotto all’interno è uno vero spettacolo ingegneristico.
L’intera costruzione si sviluppa attorno all’organizzazione e ai mutamenti della luce nello spazio. Dei diaframmi, simili a quelli della macchina fotografica, attivati da fotocellule della parete sud e il pozzo di illuminazione (rivestito di alabastro) al centro dell’edificio regolano il tutto. In questo modo lo spazio interno è reso suggestivo da una luce non diffusa né concentrata in poche aperture, ma che entra negli ambienti attraverso piccoli e numerosi fasci luminosi che conferiscono un carattere quasi sacro allo spazio.
All’esterno, invece, questo rende l’immagine della facciata diversa a seconda del clima atmosferico e dell’orario della giornata. Siete curiosi, adesso? Beh, vi posso dare una motivazione in più per venire qui: salendo all’ultimo piano, potete accedere alla terrazza dell’IMA da cui si gode una delle più belle vedute panoramiche della città! Ammirare la cattedrale di Notre Dame, da qui è sempre un piacere.
Andando verso la Grande Moschea…
Usciti dall’IMA, avete due possibilità: attraversare la Senna e dirigere i vostri passi verso la Bastiglia, oppure costeggiare il campus universitario di Jussieu (invidiando gli studenti che lavorano nella bellissima biblioteca che si affaccia sulla strada) e andare in direzione della moschea. Possiamo considerare la Grande Mosquée l’altro grande polo della cultura araba e musulmana della città.
Fondata dopo la prima guerra mondiale come segno di gratitudine della nazione nei confronti dei musulmani tirailleurs delle colonie, che avevano combattuto valorosamente durante la guerra, la moschea è stata inaugurata il 15 luglio 1926. Finalmente anche i cittadini di religione islamica avevano un luogo di tutto rispetto per pregare e riunirsi.
In un mondo in cui collaborazione e dialogo sembrano sempre più ostici, vale la pena anche di raccontare che cosa successe qui durante la seconda guerra mondiale: la moschea, sotto la guida dell’imam Si Kaddour Benghabrit, si rese protagonista del salvataggio di centinaia di famiglie ebraiche, principalmente originarie del Maghreb. La moschea si attivò nella realizzazione di centinaia di documenti falsi che certificassero un’identità musulmana per i perseguitati; gli ebrei venivano poi ospitati negli appartamenti della moschea, mescolati alle famiglie musulmane ivi residenti, per poi essere affidati alla Resistenza francese che li aiutava a farli uscire dal Paese. Furono in molti, fortunatamente, a salvarsi in questo modo.
Torniamo alla nostra passeggiata: arrivati all’altezza del Jardin des Plantes, tra rue Geoffroy Saint-Hilaire e rue Daubenton, c’è quello che può essere chiamato l’ingresso ‘secolare’ della moschea. Da qui si accende al bagno turco, alla sala da tè e al ristorante di specialità arabe. Entrate!
Se la stagione ve lo permette, accaparratevi un tavolino nel patio esterno e accomodatevi. Potrete assaporare un meraviglioso thè alla menta, accompagnato da meravigliosi dolcetti (quelli alla rosa sono i miei preferiti) oppure assaggiare un ottimo cous cous. Nessuno vi disturberà se deciderete di fermarvi a chiacchierare o a leggere un libro. Sarete circondati solo dai passerotti, in continua ricerca delle vostre briciole. Volendo, potreste anche accedere all’hamman (ma io non l’ho mai sperimentato).
Il mio consiglio è di dirigervi verso l’altro ingresso principale, su rue du Puits de l’Ermite: da qui si ha accesso allo spazio della moschea vera e propria e ai suoi meravigliosi giardini. Varcare questo portone significa entrare in un mondo ‘separato’: roseti, fontane zampillanti, vialetti curati e arcate piastrellate di verde… La città sembra lontanissima qui, all’ombra del minareto. Potete curiosare serenamente in questi spazi, siate solo rispettosi delle sale di preghiera (in cui i non musulmani sono invitati a non entrare).
Se capitate da queste parti in un caldo pomeriggio estivo, fermatevi un attimo all’ombra delle piante e ascoltate. Che cosa? Il mormorio delle fontane e il canto degli uccelli! Vi sfido a non sentirvi in Marocco, lontanissimi dal traffico parigino. Quando avrete ricaricato le batterie e ritrovato tutta la vostra calma interiore, rimettetevi in cammino. Salutate la moschea, fermatevi ad ammirare l’ultima fontana Wallace a muro della città e scegliete la vostra prossima meta.